1/24/2019 +Europa e la questione siciliana: la trappola del gattopardo e la cattedrale di granitoRead Nowdi Palmira MancusoMentre mi preparo ad affrontare con entusiasmo il momento congressuale che pone le basi per la nascita di + Europa mi arriva come una tegola la notizia, battuta dalle agenzie, di un fronte “siciliano” che da Palermo si autoproclama compatto e depositario della volontà di un indirizzo politico che non mi appartiene e che pone inevitabile una “questione siciliana” da porre in evidenza e soprattutto da non sottovalutare se vogliamo porre le basi per un soggetto che non sia solo elettorale.
Non vorrei partire da troppo lontano, ma l’eredità sciasciana che nella storia radicale si è concretizzata in scelte scomode e persino dolorose, non può essere liquidata come un mero apporto culturale: in questo momento storico ciascuno è chiamato alla lucidità politica, che mai come in questo caso mal si concilia con la corsa ad occupare spazi elettorali come appare l’operazione sbandierata da Fabrizio Ferrandelli, che potrebbe compromettere la credibilità dell’intero progetto. La politica in Sicilia è sempre stato terreno di ambiguità e un partito come Più Europa non può permettersi di perdere l’occasione di rappresentare quel riscatto che molti siciliani aspettano da anni, dopo essere rimasti ai margini del potere e che anche adesso rischiano di essere vittime dell’ennesimo trasformismo che può solo avere come conseguenza il fallimento dell’intero progetto, minandone la credibilità. Il garantismo che è patrimonio della nostra cultura liberale non può essere un alibi per i furbi: quindi dichiaro da subito quanto sia politicamente preoccupante che la partecipazione alla costruzione di Più Europa in Sicilia sia stata appaltata senza un reale confronto sul territorio ai residui di un cuffarismo che la storia ha condannato e di cui i siciliani possono senza dubbio fare a meno. Il non aver raggiunto la soglia del 3% alle ultime politiche deve essere un dato chiaro: ne ho accennato anche l’ultima volta intervenendo al congresso di radicali italiani. L’area progressista e movimentista siciliana in costante dialogo con il fronte più autenticamente laico, liberale, socialista, radicale, già deluso dalle logiche di un partito democratico in cui il potere economico ha permesso l’ascesa di dirigenti favoriti solo dalla loro capacità di apportare soldi e tessere, come è stato per Francantonio Genovese, e poi per l’ex rettore Navarra, non ha pagato e non pagherà. La difficoltà di conciliare la nostra storia con chi da trentanni sguazza a piene mani nei Palazzi, sia amministrandoli che rispondendo ad incarichi politici, come Francesco Attaguile, coordinatore politico del partito di Tabacci in Sicilia, e candidato capolista alla Camera dei deputati in Sicilia orientale alle elezioni del 4 marzo 2018 , deve essere discussa in maniera leale e chiara ad un congresso verso il quale molti si stanno avvicinando con speranza. Speranza che nessuno può permettersi di tradire. Non temiamo il confronto sui temi: temiamo piuttosto di rimanere ancora una volta impotenti per la mancanza di ascolto degli iscritti che in Sicilia sono rimasti esclusi dal processo di costruzione di un partito che al Sud si sta configurando, alla luce degli ultimi proclami a mezzo stampa, l’ennesima mascariata per consentire ai soliti noti di ricostruirsi una verginità politica che non hanno. Ben vengano al congresso i 203 siciliani della lista guidata da Ferrandelli: ma non saranno gli unici e non sono certamente i soli rappresentanti di istanze di un territorio complesso, dove al gattopardismo del tutto cambia perché nulla cambi opponiamo orgogliosi la storia di chi ha resistito offrendo con la propria testimonianza, seppure minoritaria, una alternativa. Leggiamo della nascita di "Stiamo Uniti in Europa" all'interno della quale dicono “ il sud sara' protagonista”. Quale Sud? Ci spiace per Della Vedova che, stregato dalla probabilmente già ingranata macchina organizzativa, non ha considerato che la Sicilia di cui Ferrandelli si è autoproclamato leader di Più Europa, con una discutibile propaganda sui social dove ha persino coniato un “Più Fabrizio che servirebbe a dare forza e risorse al mezzogiorno”, indicando il giovane imprenditore Riccardo Galioto, nel listino del candidato alla segreteria, è quella di Tabacci che non è certo il nuovo. Non credo serva che io ripercorra la storia della democrazia cristiana in Sicilia, ne spieghi con quanta facilità i poteri mafiosi si siano serviti e si servano della politica per controllare l’economia, gli investimenti, i servizi pubblici. Non credo serva che io vi spieghi che far rappresentare più Europa a personaggi che hanno girato tutto l’arco costituzionale pur di trovare spazi di praticabilità per continuare a gestire piccoli o grandi interessi è consegnare Più Europa al fallimento del già visto, del “sono tutti uguali” . Non facciamo lo stesso errore che è stato commesso alle politiche: non è il cuffarismo legittimato da ingenue “prefazioni” di un radicalismo che purtroppo è diversamente compreso in Sicilia che ci premierà. Il cuffarismo da biblioteca è ben diverso da quello che sopravvive nelle logiche del potere politico siciliano. Resto in attesa di leggere il “ documento dei delegati siciliani, elaborato insieme ad esperti ed intellettuali siciliani coordinati da Pietro Busetta, Francesco Attaguile e Totó Placenti” ma non aspetterò di assistere all’occupazione abusiva di una lista siciliana da cui mi sento distinta e distante per metodo soprattutto. Rivendico la mia sicilianità: sono dunque la 204 (ma ci sono altri siciliani al congresso e la Sicilia non è solo Palermo) e faccio appello a chi si riconosce nella visione di un partito che sia dichiaratamente distante politicamente e culturalmente dalle esperienze centriste, autonomiste o semplicemente opportuniste. Ecco perché dichiaro con l’orgoglio di tutti i siciliani che “candidamente” credono nella politica come servizio, partecipazione e governo dei fenomeni, la mia partecipazione alla lista Libertà Stato di diritto e Democrazia: temi che devono essere innanzitutto concretizzati dentro più Europa, così come in Sicilia. Esiste un fronte siciliano che sostiene Marco Cappato, esistono sostenitori di Fusacchia: non esiste un blocco siciliano che si è già autoproclamato portatore unico dell’europeismo che per noi non può solo essere l’ultima bandiera da sventolare nel vento di un cambiamento solo apparente. Non sia la ‘sicilitudine’, questa sorta di rassicurante e ipocrita auto-illusione che caratterizza e giustifica l’immobilità, la stagnazione, la rassegnazione di tanti ‘siciliani di scoglio’ a prevalere: per questo mi appello ai “siciliani di mare aperto”, a noi affascinati dagli estremi, dall’avventura, dal rischio, dalla continua ricerca dei nostri limiti e dalla capacità di indignarci dinanzi alle ingiustizie che in un territorio povero si perpetuano ancora attraverso la logica del potere economico, che stabilisce le regole del più forte. Ecco perché da siciliana voterò e vi chiedo di votare Marco Cappato: perché condividere e comprendere le necessità dei più deboli, apprezzarne e difenderne il valore aggiunto, come accade nelle diversità, non è capacità di molti, non è cultura tipicamente siciliana, dove ancora la strada è lunga per raggiungere gli standard di una Europa di cui spesso da noi si parla solo in termini di contributi o di limitazioni. Chiudo solo ricordando ai miei corregionali che proprio a Messina, la città in cui vivo e ho scelto con fatica di lavorare, è nata quell’idea di Europa con la conferenza che si tenne nel 1955 alla quale parteciparono i ministri degli esteri dei sei paesi, con Gaetano Martino per l'Italia e che si concluse con la "dichiarazione di Messina" (ovvero Risoluzione di Messina), attraverso la quale i sei paesi enunciavano una serie di principi e di intenti volti alla creazione della Comunità europea dell'energia atomica (o Euratom) e di quello che diverrà, nel volgere di due anni con la firma dei Trattati di Roma del 1957, il Mercato Europeo Comune (MEC, istituito insieme alla CEE, poi CE ed infine UE). Spesso nei momenti difficili dei rapporti tra gli stati membri dell'Unione Europea è stato volto lo sguardo e l'attenzione verso quello spirito, lo spirito di Messina, che animò la conferenza ed i padri fondatori della Comunità Europea che a quella conferenza parteciparono. E prendendo spunto da uno dei padri fondatori dell’Europa che vogliamo ancora immaginare, quell’Altiero Spinelli tanto caro al nostro Marco Pannella, chiedo a noi tutti di non lasciare che in questo congresso si costruisca l’ennesima cattedrale di granito e nebbia: non sia la fede cieca nella dottrina del partito, non siano le vecchie logiche a guidarci. NOI SIAMO DI PIU’. Siamo quella PIU’ di cui l’Europa, l’Italia, la Sicilia ha bisogno.
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